I tre milioni di disabili italiani attendono che un po' di America arrivi anche qui
È andando per le strade, entrando nei ristoranti, negli alberghi, negli aeroporti, passeggiando lungo una spiaggia che ci accorge che qui le cose sono diverse, che le diseguaglianze sono un valore, un'opportunità, che l'handicap non è un peso ma è una leva per lo sviluppo economico. Questa volta mi è capitato di girare in lungo e in largo per la Florida: da Orlando a Tampa, da Clearwater a Venice e poi a Miami Beach, a Cocoa Beach, passando per Palm Beach, fino al Kennedy Space Center di Cape Canaveral. L'occasione di una convention a Orlando, dove c'erano oltre 130 ditte espositrici e poi la visita ad alcune aziende mi hanno fatto respirare un'aria di primavera, e non solo in senso climatico. Le cose stanno cambiando: sempre più le tecnologie utili alle persone disabili sono le tecnologie di tutti. E non so se complici la crisi o la malattia di Steve Jobs, certo è che l'azienda della mela morsicata è davvero in prima fila nell'innovazione. Come dire che non serve essere un'azienda dedicata ai disabili per fare le cose che servono anche ai disabili. È questa la prima grande novità che emerge dall'ATIA (Assistive Technology Industry Association) 2011. Da ora in poi tutto non sarà più come prima. La Cina, la Corea, il Giappone sono ben presenti con prodotti nuovi, competitivi oltre che nel prezzo anche nelle funzionalità e nel design. Ma l'America ha ancora la capacità di anticipare il rinnovamento immettendo sul mercato prodotti davvero innovativi come l'iPhone che possono utilizzare anche i ciechi o l'iPad come comunicatore per chi non parla o una stampante di una ditta dell'Oregon che produce insieme stampa di qualità a colori, braille e disegni a rilievo.
Ma quel che sorprende, accanto alla tecnologia, al movimento economico e di occupazione ad essa collegato, è l'attenzione rivolta alla soddisfazione dei bisogni delle singole persone anziché delle organizzazioni come avviene in Italia. Lì ci sono tante associazioni, fondazioni, enti e ci sono le federazioni per far sintesi dei bisogni, dei progetti, delle politiche. Non ci sono monopoli emarginanti e qual che è più evidente è che le persone disabili, senza vergogna, sono visibili nei ristoranti, come in spiaggia, nei night club come nei parchi divertimenti.
L'assenza delle barriere architettoniche è un must nei resort dove mi è capitato di soggiornare, non una o due camere, ma le camere, come tutti gli altri spazi fino alla spiaggia, sono accessibili ed è consuetudine trovare il semaforo parlante o la persona che ti accompagna se sei da solo e devi magari fare la pipì prima di prendere un volo. Una terra che non ha quasi nulla se non il sole. Dove la capacità di intraprendere è riuscita a creare grandi cose capaci di attirare milioni di persone e muovere masse rilevanti di denaro. E in tutto questo anche chi è in carrozzina o è cieco o sordo ha il suo spazio naturale insieme a tutti gli altri. E dire che noi abbiamo chiese, palazzi, borghi, e paesaggi mozzafiato che la natura ci ha donato e non sappiamo valorizzarli. Chiudiamo i musei nei giorni di festa, quando la gente potrebbe visitarli; non sappiamo come dare impulso al settore delle costruzioni e lasciamo i disabili reclusi nelle loro case o peggio, nei ghetti appositamente costruiti perché non abbiamo la capacità di "sbarrierare". Chiudiamo le imprese manifatturiere perché non abbiamo l'intelligenza di costruire anche per i disabili, quasi che per un retaggio culturale sia peccato trarre profitto e guadagno dalle disgrazie altrui. E allora viva l'America, che ha fatto delle disgrazie motivo di crescita collettiva, che ha saputo guardare alle diversità con disincanto, rendendo uguali tutti i bisogni e impegnandosi con intelligenza al loro soddisfacimento. I tre milioni di disabili italiani attendono che un po' di America arrivi anche qui e sarà davvero occasione per dare respiro, una scossa, questa volta sì vera, all'economia accrescendo il benessere di tutti. Dobbiamo incominciare a pensare al futuro e non vivere più solo di presente. Dobbiamo riconvertire rapidamente la spesa sociale di pensioni e indennità oggi passiva all'85% in servizi, in strumenti in consumi e quindi in occupazione e movimentazione di denaro. Solo così anche qui da noi le persone disabili saranno una risorsa e le "disgrazie" si trasformeranno in opportunità e si creeranno le condizioni per una società più egualitaria e giusta.
Davide Cervellin, presidente della Commissione handicap di Confindustria
È andando per le strade, entrando nei ristoranti, negli alberghi, negli aeroporti, passeggiando lungo una spiaggia che ci accorge che qui le cose sono diverse, che le diseguaglianze sono un valore, un'opportunità, che l'handicap non è un peso ma è una leva per lo sviluppo economico. Questa volta mi è capitato di girare in lungo e in largo per la Florida: da Orlando a Tampa, da Clearwater a Venice e poi a Miami Beach, a Cocoa Beach, passando per Palm Beach, fino al Kennedy Space Center di Cape Canaveral. L'occasione di una convention a Orlando, dove c'erano oltre 130 ditte espositrici e poi la visita ad alcune aziende mi hanno fatto respirare un'aria di primavera, e non solo in senso climatico. Le cose stanno cambiando: sempre più le tecnologie utili alle persone disabili sono le tecnologie di tutti. E non so se complici la crisi o la malattia di Steve Jobs, certo è che l'azienda della mela morsicata è davvero in prima fila nell'innovazione. Come dire che non serve essere un'azienda dedicata ai disabili per fare le cose che servono anche ai disabili. È questa la prima grande novità che emerge dall'ATIA (Assistive Technology Industry Association) 2011. Da ora in poi tutto non sarà più come prima. La Cina, la Corea, il Giappone sono ben presenti con prodotti nuovi, competitivi oltre che nel prezzo anche nelle funzionalità e nel design. Ma l'America ha ancora la capacità di anticipare il rinnovamento immettendo sul mercato prodotti davvero innovativi come l'iPhone che possono utilizzare anche i ciechi o l'iPad come comunicatore per chi non parla o una stampante di una ditta dell'Oregon che produce insieme stampa di qualità a colori, braille e disegni a rilievo.
Ma quel che sorprende, accanto alla tecnologia, al movimento economico e di occupazione ad essa collegato, è l'attenzione rivolta alla soddisfazione dei bisogni delle singole persone anziché delle organizzazioni come avviene in Italia. Lì ci sono tante associazioni, fondazioni, enti e ci sono le federazioni per far sintesi dei bisogni, dei progetti, delle politiche. Non ci sono monopoli emarginanti e qual che è più evidente è che le persone disabili, senza vergogna, sono visibili nei ristoranti, come in spiaggia, nei night club come nei parchi divertimenti.
L'assenza delle barriere architettoniche è un must nei resort dove mi è capitato di soggiornare, non una o due camere, ma le camere, come tutti gli altri spazi fino alla spiaggia, sono accessibili ed è consuetudine trovare il semaforo parlante o la persona che ti accompagna se sei da solo e devi magari fare la pipì prima di prendere un volo. Una terra che non ha quasi nulla se non il sole. Dove la capacità di intraprendere è riuscita a creare grandi cose capaci di attirare milioni di persone e muovere masse rilevanti di denaro. E in tutto questo anche chi è in carrozzina o è cieco o sordo ha il suo spazio naturale insieme a tutti gli altri. E dire che noi abbiamo chiese, palazzi, borghi, e paesaggi mozzafiato che la natura ci ha donato e non sappiamo valorizzarli. Chiudiamo i musei nei giorni di festa, quando la gente potrebbe visitarli; non sappiamo come dare impulso al settore delle costruzioni e lasciamo i disabili reclusi nelle loro case o peggio, nei ghetti appositamente costruiti perché non abbiamo la capacità di "sbarrierare". Chiudiamo le imprese manifatturiere perché non abbiamo l'intelligenza di costruire anche per i disabili, quasi che per un retaggio culturale sia peccato trarre profitto e guadagno dalle disgrazie altrui. E allora viva l'America, che ha fatto delle disgrazie motivo di crescita collettiva, che ha saputo guardare alle diversità con disincanto, rendendo uguali tutti i bisogni e impegnandosi con intelligenza al loro soddisfacimento. I tre milioni di disabili italiani attendono che un po' di America arrivi anche qui e sarà davvero occasione per dare respiro, una scossa, questa volta sì vera, all'economia accrescendo il benessere di tutti. Dobbiamo incominciare a pensare al futuro e non vivere più solo di presente. Dobbiamo riconvertire rapidamente la spesa sociale di pensioni e indennità oggi passiva all'85% in servizi, in strumenti in consumi e quindi in occupazione e movimentazione di denaro. Solo così anche qui da noi le persone disabili saranno una risorsa e le "disgrazie" si trasformeranno in opportunità e si creeranno le condizioni per una società più egualitaria e giusta.
Davide Cervellin, presidente della Commissione handicap di Confindustria
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