Le parole sono importanti... addirittura lo sono le congiunzioni. Proviamo a soffermarci sul titolo di un articolo di un giornale a distribuzione gratuita a proposito di una persona con disabilità di cui anche la rete ha parlato: "è disabile ma scala il Kilimangiaro". Forse avrebbe fatto un effetto diverso un titolo sottilmente diverso: "è disabile e scala il Kilimangiaro".
Non è questione di lana caprina. Mi si potrebbe obiettare che di ben altro soffre il mondo della disabilità, ma ho preferito soprassedere su un testo sull'epoca delle "passioni tristi" o di un diritto al lavoro anche per le persone disabili oltre che per tutti gli altri. Il fatto è che tra quel "ma" e la "e" che propongo c'è una grande differenza.
Quel "ma" prefigura il sensazionalismo dell'impresa (davvero impresa nel caso specifico) proponendo uno scenario del disabile normalmente "infermo", che non è una categoria del movimento umano, ma dello spirito e per cui si considera chi ha una disabilità come incapace e inetto. La congiunzione "e" invece avrebbe aperto uno scenario diverso: una persona disabile aperta sul mondo che, in una dimensione eccezionale per tutti (quanti normali sono stati sul Kilimangiaro?), decide di lanciarsi in un'impresa. Quando si decreta a priori che le persone con disabilità sono chiuse al mondo, a meno di straordinarie imprese, le si condanna con una semplice congiunzione.
In questa fase particolarmente critica anche per il mondo della disabilità, insomma, l'informazione sembra avere un posto ancora più decisivo. È però vero che non si inventa un'informazione diversa dall'oggi al domani. La copertura mediatica della questione è, in questa fase, completamente in linea con quanto realizzato e sedimentato negli ultimi anni, con una grande accelerazione sulla questione dei falsi invalidi. Ci sono però casi che smentiscono l'assunto che "le cose vanno così" anche su questo fronte, come se fosse un'imposizione piombata dal cielo. Per esempio, di recente, il dossier pubblicato dal quotidiano francese "Libération" sull'accessibilità e le politiche locali realizzati dalla città di Rennes. È solo un piccolo caso, utile però mettere in luce che l'informazione è l'esito di una cultura giornalistica e di scelte editoriali, non delle logiche del pubblico-bue, del mercato, degli inserzionisti. In mancanza di una cultura giornalistica diversa (che si costruisce nel tempo, anche curando la crescita dei giovani giornalisti e la dignità della loro professione) è facile continuare a pescare nel noto, nel facile, nello scandalo, nell'eroe, contribuendo così giorno dopo giorno, a lasciare tutto completamente intatto e, in definitiva, a disinformare.
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