Di
Antonio Giuseppe Malafarina
Ho provato a parlare con Dio, ma mi risulta
irraggiungibile. Diversamente non so come potrei fare per accontentare quelli
che dicono che tutto è possibile. Sono molti. Molte persone con disabilità.
L’ultima, detta un po’ con altre parole, l’ho letta attribuita a Tae McKenzie,
modella in sedia a rotelle con una grave forma di epilessia. Ha sfilato con
Marian Avila, modella spagnola con sindrome di Down, alla Fashion Week di New
York. Merito della stilista Talisha White e della sua idea di portare in
passerella la diversità, con una linea concepita per esaltare l’emancipazione
femminile.
Se Dio, nella sua onnipotenza, si intende di moda o non mi ha mai preso in
considerazione perché sono scarso come ideatore di moda oppure perché non
piaccio all’obiettivo. Potrebbe anche essere che all’orecchio non sia mai
giunta la mia prece: da un ventennio cerco di fargli capire che le persone con
disabilità hanno diritto a vestirsi alla moda. E, in questa conversazione, che
io potessi offrirmi come vittima sacrificale per la passerella, diciamocelo,
gliel’ho buttata lì.
Vent’anni non sono un giorno. Nella storia raccontata sul Corriere la
stilista parla del valore della diversità e di qualcosa che comincia a
muoversi. Gli stilisti prendono in considerazione le persone con disabilità.
Non è una novità. Ne ho parlato più volte. Ci sono state sfilate persino a
Milano, anche se appena dopo la chiusura della settimana della moda. Si è mossa
gente come Tonino Urzì, una firma per cui basta il nome. Non
basta? Ecco Tommy Hilfiger, con una linea accuratamente
studiata per clienti disabili.
Le persone con disabilità sono
clienti. Questo dovrebbe capire la moda. Va bene sfilare e
mettersi in vetrina ma ci vuole uno scatto dell’industria. Costa, ahimè.
Intanto dobbiamo accontentarci di avere modelle che sfilano. Modelle e modelli.
E qui l’investimento iniziale è ai limiti della sostenibilità: bisogna
concedere più spazio a chi vuole sfilare con disabilità, non solo in carrozzina
– che poi c’è il rischio che non si capisca che sia disabile e allora tu,
stilista, che tornaconto hai avuto a farlo sfilare? -. Ci vuole lo stilista che ci
creda. E tutto il mondo che c’è dietro. Le acque si
muovono. Esistono bei modelli con disabilità. Ma finché saranno modelli con
disabilità saranno modelli con quel con in più che dovrebbe passare
inosservato. Forse un giorno sarà possibile. Capito Dio??
Tratto da: invisibili.corriere.it
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