Il Territorio
Il territorio del Comune di Motta San Giovanni è morfologicamente irregolare sotto l’aspetto della densità abitativa.. Esistono tante realtà disseminate in una miriade di frazioni o, più precisamente, contrade, con distanze più o meno grandi dai centri di comunicazione. Le abitazioni sono spesso collocate lungo le strade che di fatto danno il nome alla località, pochi sono i centri con una conformazione tale da dare l’immagine di un paese vero e proprio. Il rapporto di buon vicinato, che esisteva ai tempi dei nostri nonni, faceva emergere quei rapporti di solidarietà e di mutuo aiuto, dove il problema di uno era il problema di tutti. Oggi questa realtà se non completamente estinta è quasi introvabile. La famiglia che non coltiva i rapporti di un sano scambio culturale con la realtà che la circonda, vuoi per colpa del territorio, vuoi per una mentalità incline all’isolamento, quando viene a doversi confrontare con la diversità, si chiude a riccio, precludendo a priori qualsiasi forma di intervento degli “esterni” per poter migliorare la qualità della vita di chi è diversamente abile.
Qualità della vita
Il logorio a cui sono sottoposte le famiglie negli ultimi decenni è cosa risaputa e ampiamente dibattuta. Numerosi sono le problematiche che contribuiscono ad aggravare ed appesantire la famiglia moderna: la velocità dei ritmi di vita, gli immancabili problemi economici che con l’avvento dell’Euro si sono raddoppiati, la crescita e l’educazione dei figli, a volte la precarietà del proprio lavoro e, per ultimo ma non per questo meno importante, la presenza in casa di una persona disabile in carrozzella o anziana non autosufficiente.
Tutti questi elementi proiettano la famiglia all’interno di una condizione di solitudine. La cronica deficienza dei servizi delle politiche sociali rivolte alla famiglia, primo nucleo di aggregazione di individui, hanno mancato l’obiettivo di rendere questa importante istituzione sociale capace di affondare le sfide della società contemporanea.
Il rapporto di buon vicinato, che esisteva ai tempi dei nostri nonni, faceva emergere quei rapporti di solidarietà e di mutuo aiuto, dove il problema di uno era il problema di tutti. Il vicino di casa era il punto di riferimento per qualsiasi necessità sia fisica che psicologica.
Oggi questa realtà se non completamente estinta è quasi introvabile. La famiglia che non coltiva i rapporti di un sano scambio culturale con la realtà che la circonda, vuoi per colpa del territorio, vuoi per una mentalità incline all’isolamento, quando viene a doversi confrontare con il bisogno, si chiude a riccio, precludendo a priori qualsiasi forma di intervento degli “esterni” per poter migliorare la qualità della propria vita.
La diversabilità
Il concetto di diversabilità, coinvolge tutti e ciascuno in modo differente rispetto alla lettura di sè: l’altro non è sempre ciò che appare, o si ritiene possa essere.
E’ anche questo il senso profondo del processo di cambiamento culturale indotto dalla scelta classificatoria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che, con l’introduzione dell’ ICF Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilita e della Salute, si sforza di costruire un linguaggio comune e condiviso che tenga conto della complessità che ogni individuo esprime attraverso il proprio percorso di vita, attraverso il proprio esistere.
In semplici fasi è sintetizzata, con chiarezza, la portata innovativa del sistema appena specificato:
- è applicabile a tutti, quindi non ci sono più persone speciali che hanno bisogno di trattamenti speciali;
- valuta non solo lo stato a livello corporeo, ma considera parte integrante della propria classificazione le componenti personale e sociale.
L’ICF ci ha messo nelle condizioni di non mettere un’etichetta generica alle “persone” ma di considerarne individualmente le componenti personali e sociali, oltre che a consentire di poter operare professionalmente sia nelle diagnosi che nella riabilitazione non più standardizzate.
Dobbiamo lavorare sui significati che attribuiamo alle parole perché le prime barriere da abbattere sono quelle mentali. Incominciare ad usare termini come diversamente abile, ci aiuta a vedere le persone con un deficit in una prospettiva nuova, sotto una luce diversa, meno istantanea nella constatazione della diversità. Certamente, diversamente abile non è una parolina magica che automaticamente cambia le cose: può, però, forse cambiare il nostro modo di percepirle, e già questo è un punto di partenza.
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