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Ogni individuo sia valorizzato in quanto persona e non per quello che produce

giovedì 18 luglio 2013

I Mondiali di atletica paralimpica. Oltre Pistorius, guardando avanti

C’è sempre un prima e un dopo. L’importante è che uno non cancelli l’altro. Lo sport paralimpico riparte senza Oscar Pistorius. Non per dimenticare quello che lui ha fatto nel mondo dello sport e, più in generale, della disabilità. Per mostrare invece che “nuove stelle crescono nell’assenza di Pistorius”, come dice il Presidente del Comitato Paralimpico Internazionale, Philip Craven. I Mondiali di atletica leggera paralimpica che cominciano a Lione, in Francia, sono il più grande evento da Londra 2012. Si ricomincia da qui. Senza paura di guardarsi indietro e sapendo riconoscere quello che è stato. Guardando avanti, però. Dove ci sono, tanto per parlare di Italia, Martina, Assunta, Giusy, Annalisa, Oxana.
Sarà un campionato straordinario. Bastano due dati: oltre 1100 atleti di 100 Paesi. Mai così tanti nella storia. Solo alla Paralimpiade si superano questi numeri. Come spesso accade, non bastano cifre del genere e gare che promettono di essere bellissime ed emozionanti per convincere una qualsiasi delle nostre reti televisive, libere o a pagamento non fa proprio differenza, a trasmettere un evento del genere. Eppure sarebbe bastato poco (dal punto di vista economico davvero un’inezia), ma i dirigenti delle nostre tv preferiscono interminabili dibattiti sul vuoto pneumatico del calcio mercato piuttosto di sport vero che sa andare oltre lo sport.
Riconoscere quello che è stato. Senza Pistorius non ci sarebbero questi numeri. Per la prima volta ci saranno gare differenti nello sprint, 100 e 200 metri fra i maschi, per atleti amputati a una (cat. T44) e a due gambe (T43). Prima di lui, in finale capitava solamente un biamputato: lui o Tony Volpentest. Tutti i campioni amputati di gamba che correranno a Lione hanno cominciato dopo aver visto correre Oscar. E lo hanno saputo battere.
Saranno campionati bellissimi perché ci saranno tanti giovani. Nella velocità amputati, alla quale abbiamo accennato, le emozioni arriveranno dall’inglese Jonnie Peacock, oro a Londra 2012, dagli statunitensi Richard Browne e Blake Leeper, dal brasiliano Alan Fonteles Oliveira. Insieme non arrivano a 80 anni. La nostra Oxana Corso, splendida a Londra con un doppio argento, ha appena compiuto 18 anni. L’olandese Marlou Van Rhijn, biamputata alle gambe, nuovo fenomeno mondiale nello sprint, ha 21 anni. E si potrebbe continuare.
Negli ultimi dieci anni vi è stata una crescita continua di prestazioni e ricerca in tecnica e materiali. Vi sono carrozzine superleggere e ultratecnologiche che costano migliaia di euro. Una protesi da corsa o da salto supera i ventimila. Il progresso scientifico aiuta a far crescere anche lo sport. Per questo nei mesi scorsi il Comitato Paralimpico internazionale ha svolto una serie di incontri dedicati a studiare questo fenomeno. Non si vogliono creare dei superuomini. Chi vedrà le gare (per fortuna il web, come spesso accade, viene in aiuto, con le dirette sul canale youtube di Ipc, ParalympicSportTv) vedrà atleti. Grandissimi. Non è il superomismo che occorre allo sport paralimpico. Forse c’è stata un’epoca che questo è accaduto e magari è anche servito. Ma bisogna fare un passo avanti.
Sarebbe stato utile in Italia mostrare anche Lione 2013, dopo Londra, e magari anche i mondiali di nuoto paralimpico, che saranno in agosto in Canada. Sono sempre meno i disabili che praticano atletica. A Lione una delle punte di diamante sarà Alvise de Vidi, il capitano della squadra. Benedetto lui, è davvero l’emblema dello sport paralimpico: era già una stella sul finire degli anni ’80. Ma le nuove leve sono sempre meno. Meglio fra le ragazze. Ma qui abbiamo esempi come Giusy Versace, bravissima a voler continuare a correre sono la delusione della mancata convocazione a Londra 2012, e Annalisa Minetti, cantante e modella, che sono anche star tv e sulle copertine dei settimanali. Con Martina Caironi (poco più che ventenne, amputata di gamba adolescente, oro a Londra nei 100m) e Assunta Legnante (“cannoncino”, come la chiamano, prima stella olimpica ora cieca, oro nel peso a Londra, dove ha riscritto a ogni gara l’albo dei record), oltre a Oxana, sono le atlete su cui puntare, per chi ama le scommesse.
Si potrebbe andare avanti a raccontare nuove storie per nuovi atleti di questo Mondiale di atletica che parte domani. Oltre Pistorius. Perché lo sport, e quello paralimpico non fa eccezione, sa guardare avanti.
Tratto da invisibili.corriere.it

giovedì 11 luglio 2013

Quell’esigenza vitale chiamata Lavoro


Alla fine è arrivata anche la condanna dell’Europa. L’Italia non ha fatto abbastanza per abbattere le barriere, fisiche, normative e psicologiche, per consentire l’ingresso alle persone con disabilità nei normali percorsi lavorativi. Bocciatura che viene confermata dai dati: il tasso di disoccupazione tra le persone con disabilità sfiora l’80% e circa 600 mila domande di lavoro attendono inevase negli uffici provinciali del collocamento mirato. Basta! Basta, non smetteremo mai di gridarlo!
Dati, statistiche e numeri fanno ombra alle persone, ai sogni d’indipendenza, di vita autonoma, di autorealizzazione… Quante storie ho sentito, quante persone mi hanno confessato i propri dolori e angosce, le paure, le delusioni… E’ veramente ora di dire basta. Il lavoro non si crea per decreto legge quasi per magia, ma si possono ricreare le condizioni attraverso cui le persone abbiano una possibilità. Gli under o over qualcosa (si tende a categorizzare per età le fasce di popolazione più in difficoltà) con o senza disabilità, in situazione di disagio o no, aspettano una risposta.
Mai come in questo periodo, per vicende personali e per situazioni che coinvolgono l’azienda che edita questo blog, mi sono soffermato a pensare al lavoro. Sono riaffiorati i ricordi di un passato in cui il lavoro mi ha salvato la vita. E’ stata la mia medicina. Da quel letto in riabilitazione dove sono stato steso immobile per molte settimane, non mi sarei forse più rialzato se non fosse stato anche per un avveduto direttore che come cadeaux, accanto a qualche chilo di Nutella, mi fece recapitare un computer.
Un pc, la mia scrittura, il mio lavoro… ed è rinata la voglia di reagire a una situazione che mi aveva portato a qualche passo dalla morte. E’ difficile tornare a quei momenti senza che vengano i lucciconi. Quando ti svegli e, di colpo, ti scopri inutile, un mucchietto di carne che non si muove. Il tuo cervello che si avvicina pericolosamente a stati depressivi. Amici e genitori cercano invano di scacciare in un angolino i tuoi pensieri negativi: chi amerà mai un paraplegico? come farò a mantenere me e un’eventuale famiglia? Poi arriva la notte con i suoi silenzi, le sue ore che non passano mai e la mano si avvicina al pacchetto di farmaci che un infermiere distratto ha abbandonato sul comodino.
Il lavoro è vita, o almeno lo è stato per me. Undici anni fa, quando ebbi il mio incidente, incontrai le persone giuste al momento giusto, un editore, un direttore e dei colleghi che con grande intelligenza capirono ciò che solo oggi riesco ad apprezzare. Scelsero consapevolmente di darmi una seconda possibilità, regalandomi una seconda esistenza. Scelsero allora di far di tutto per riavermi al più presto in redazione. Un’ora alla settimana, poi mezza giornata, poi una giornata intera. Ricordo il giorno in cui riuscii a fare ben tre ore nel mio vecchio ufficio e poi dovetti trascorrere due giorni a letto con la febbre perché avevo forzato troppo la mano e il mio corpo non riusciva a seguire la mia voglia di vivere. Ma ero tornato a vivere… ed ero felice.

Tratto da: invisibili.corriere.it