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Ogni individuo sia valorizzato in quanto persona e non per quello che produce

giovedì 14 giugno 2018

Il diario di Anna alla scoperta di sè stessa e della forza della disabilità

Di Ornella sgroi

“Disabile non è sinonimo di stupido, di malato. Disabile è sinonimo di chi vuole andare oltre tutto. La disabilità non è un limite, è una risorsa e, come tale, deve essere trattata. Non lasciatevi ingannare dall’apparenza, mai”.
Questa frase la scrive Anna, a vent’anni, quando decide di raccontare la sua esperienza personale in un breve libro, “La disabilità non è un limite” (Europa Edizioni, 2016), che è più un diario per fermare le tappe più importanti di questa prima parte della sua vita. Dalla nascita prematura ai primi anni di università. Ha grinta, Anna. E la sua è la grinta della “guerriera”, come l’ha voluta la vita, accanendosi con le sue gambe e opponendosi ai suoi genitori che l’avevano fatta nascere “principessa”. Anna aveva solo sei mesi quando è nata, insieme al suo fratellino gemello, Giuseppe, che purtroppo non ce l’ha fatta. E il racconto della sua vita è un insieme di diagnosi errate, di sguardi eccessivi, interventi e riabilitazioni, incontri sbagliati e delusioni. Almeno fino a quando non è arrivata la scuola, anche per lei. Lo studio, più che altro. Con l’amore per l’italiano e la scrittura, i voti alti, la passione per il teatro, che l’hanno aiutata a venire fuori dal suo guscio, fatto anche di silenzi. “Più studiavo, più mi piaceva, il semplice fatto di riuscire in qualcosa mi faceva stare bene” – scrive.
Anna ha imparato presto che doveva lottare per affermare la propria identità al di là di quella imposta dal suo corpo e ha capito che doveva cercare i propri punti di forza, investire tutto su di essi. Già in quinta elementare sapeva che avrebbe voluto fare l’avvocato, l’indole e la risposta sempre pronta, pungente quando serviva, negli anni l’hanno accompagnata in questo progetto e oggi studia Giurisprudenza perché cerca “giustizia” contro chi l’ha fatta soffrire. C’è rabbia nelle parole di Anna. E desiderio di “vendetta”. Contro chi l’ha derisa o ingannata, i compagni di classe ad esempio, ripagati passando versioni sbagliate all’esame di maturità. Ma anche contro chi potrebbe ancora ferirla.
Scorrendo le sue pagine, che vogliono essere un messaggio di speranza e di incoraggiamento per chi condivide la sua stessa situazione, questo bisogno così dichiarato di vendicarsi – sono questi i termini che Anna usa nel suo diario – apre una breccia dentro quell’ombra nera, dolente e furiosa, che obnubila lo sguardo di una ragazza, incapace giustamente di comprendere e accettare il gioco scorretto che la vita le ha imposto di giocare. Un gioco, quello della disabilità, a cui nessun bambino, ragazzo, adulto vorrebbe mai giocare.
“Non ho più un cuore, non l’ho mai avuto” scrive, e quando lo scrive Anna ha appena vent’anni. “Non piango davanti a un mazzo di fiori, se muore qualcuno o se mi si dedicano belle parole. Non mi dispiaccio a fondo quando qualcuno sta male, perché penso al mio aver versato più lacrime che respiri in soli venti anni di vita. Sono un semplice pezzo di ghiaccio che custodisce nel cuore una sofferenza più grande di lei”.
Sì, c’è rabbia nelle parole di Anna. Una rabbia che è facile, immediato, cogliere e comprendere. Soprattutto perché Anna si lascia anche rapire dall’incanto della danza, quando vede una ballerina volteggiare. “Mi avevano impedito di danzare con le gambe, ma non avrebbero mai potuto impedirmi di danzare con l’anima” scrive ancora. Anche questa consapevolezza, Anna, custodisce gelosamente nel cuore. Ed è una bellissima consapevolezza. Non solo ghiaccio, dunque. Non solo sofferenza. Ma anche la capacità di guardare alla poesia che la vita può crearle intorno e che lei può vedere, sentire, toccare, respirare. “Nonostante tutto”, proprio come lei avrebbe voluto essere. Come lei può essere. Come lei è.
Questa consapevolezza, crescendo, potrà aiutarla a vincere il rancore e ad addolcire l’amarezza dell’infanzia e della giovinezza rubate dalla disabilità. Sciogliendo il cuore di ghiaccio che, oggi, Anna dice di avere.

Tratto da Invisibili.corriere.it