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Ogni individuo sia valorizzato in quanto persona e non per quello che produce

mercoledì 15 ottobre 2014

Diversi da chi?

Un ritratto del fotografo statunitense Rick Guidotti: la ragazza ha un disordine genetico, detto Idic 15.
«Cambia il modo di guardare e vedrai che tu stesso cambierai». È il motto di un fotografo americano, Rick Guidotti, che ha rovesciato la sua vita prima di rovesciare dietro l’obiettivo i canoni estetici. Un giorno immortalava Cindy Crawford, un altro ha chiuso con il fashion ed è passato a ritrarre albini, bimbi con sindrome di Down e altri disordini genetici.
«Cambia il modo di guardare e vedrai che tu stesso cambierai». Per quel criminale di 24 anni che ha seviziato con una pistola ad aria compressa un ragazzino di 14 al grido di «ciccione» si spera che siano le sbarre della galera a mutare la prospettiva.
Ma senza arrivare a quella violenza, quante volte vi è capitato di sfuggire un obeso, un uomo menomato, un diverso? Domenica scorsa ero in un bar con i miei due figli. Al tavolo è arrivata una donna sulla sedia a rotelle, trascinata da un’infermiera. Non muoveva le mani, non parlava. L’assistente le mostrava un cartello e dal movimento delle pupille decifrava le sue scelte per il menù. C’è stato un momento in cui ho pensato di spostarmi, un istinto di protezione becero del mio sandwich e della sensibilità dei bimbi. Finché, saltellando, si è avvicinato il figlio della signora, avrà avuto otto, nove anni. Le prendeva la mano, la imboccava, le raccontava dei compiti e del film che avrebbe visto al cinema di pomeriggio. E gli occhi della madre sorridevano. Potenza dell’amore.
E adesso guardate la ragazza della foto sopra. Ha un cromosoma 15 ridondante, troppo Dna che procura disturbi motori, cognitivi, comportamentali, epilessia. La sua sindrome è rara e si chiama Idic15.  Eppure è radiosa. Questo cerca Guidotti con la sua organizzazione, Positive Exposure, nata nel 1997: trasformare con foto e video la percezione che i cosiddetti normali hanno delle persone con differenze genetiche, fisiche e mentali.
Annelie, studentessa tedesca affetta da orticaria cronica, nella foto di Rick Guidotti per la campagna Skin Impression.
Adesso nel mirino della sua macchina sono finiti 14 pazienti con problemi di psoriasi e di orticaria cronica spontanea. Sono persone che alla malattia della pelle aggiungono depressione, ansia, frustrazione. Perché gli ignoranti in circolazione non si contano, convinti che uno con le chiazze o le bolle sia contagioso. E oltre al fastidio e al prurito c’è una vita da appestati. I 14 posano sorridenti, vogliono comunicare dignità, coraggio, fiducia.
Se anche il messaggio arrivasse a un solo malato sarebbe una conquista. E non mi scandalizza che gli scatti facciano parte della campagna Skin impression, promossa da Novartis anche per lanciare un nuovo principio attivo contro la psoriasi (per la cronaca, secukinumab). La casa farmaceutica fa un’operazione di marketing ma finanzia anche una buona causa.
Guidotti fotografa e gira il mondo. Cercando di rivoluzionarlo almeno un po’. A me interessano i suoi ritratti e le sue parole: «Attraverso l’arte noi vogliamo mostrarvi le persone oltre le loro differenze. La pietà deve sparire. La paura deve sparire. Il comportamento deve cambiare. I bambini che fotografo hanno bisogno di essere visti come i loro genitori li vedono, come i loro amici li vedono. Come parti importanti e positive della società. Come bellezza».
Diversi da chi? Da quel disgraziato che ha torturato il quattordicenne? Sì, diversi. Per fortuna.

Nello scatto di Guidotti per Skin Impression, Fernanda, in posa con il marito: brasiliana, architetto, è affetta da orticaria cronica spontanea (CSU).
Tratto dal blog: IoDonna.it

martedì 7 ottobre 2014

La bellezza di un papa che ammira la diversità.

Quel Papa circondato dalle carrozzine ci resterà dentro per un bel pezzo. La carezza a quel bambino che di carezze nella sua vita non ne darà mai perché è nata senza braccia, non se ne andrà più via. È stato il giorno di San Francesco più bello di sempre, perché San Francesco avrebbe fatto esattamente così. I presunti grandi erano ad Assisi a farsi riprendere dalle telecamere, Papa Francesco era a San Pietro in mezzo al mondo dello sport paralimpico.
Diversamente Papa: d’ora in poi, noi lo chiameremo così: perché noi non avevamo mai avuto modo di vedere tanta tenerezza, mai avevamo avuto modo di leggere tutta questa attenzione verso i più piccoli.
Certo: nella “giornata dello sport paralimpico dal Papa” non sono mancate le storture tipicamente italiane. Perché certe cose fanno parte del nostro dna e davvero non ce la facciamo ad evitarle. E quindi abbiamo visto troppi dirigenti con giacca e cravatta in prima fila, troppa gente che non c’entrava nulla, troppe facce in cerca di telecamere. Ma chissenefrega, almeno per una volta.
Teniamoci l’entusiasmo di Margherita, otto anni e una mano sola, che ha portato a Roma la sua gioia di vivere e la genuinità dei suoi compagni di classe. Già, perché la piccola Marghe ha consegnato al Papa una lettera scritta insieme a tutti i suoi amici: “Francesco, ti aspettiamo qui da noi. Se non puoi venire ti lasciamo i nostri numeri di telefono (seguono i numeri di tutti i bambini). Ma se riesci a venirci a trovare, per noi sarebbe meglio il mercoledì”. Giù il cappello.
Teniamoci i brividi di Daniele Cassioli, non vedente e campione del mondo di sci nautico: perché lui il Papa l’ha annusato, l’ha sentito, l’ha visto a modo suo e ora saprebbe raccontarlo meglio di chiunque altro se qualcuno si prendesse la briga di chiederglielo.
Teniamoci le urla dei ragazzi della Canottieri Gavirate, contenti di esserci stati anche se alla fine il Papa è passato lontano da loro e non sono riusciti a salutarlo per bene.
Teniamoci il nostro Roberto Bof, che ieri sera ha iniziato a raccontarci la giornata con muso perché l’organizzazione non è stata quella che lui si aspettava. Ma poi quel muso si è trasformato prima in un sorriso e poi in occhi lucidi quando si è messo a parlarci dei suoi bambini e delle loro emozioni. E noi gli vogliamo bene proprio per questo.
Teniamoci la frase che ha detto il Papa: «La disabilità che sperimentate si trasforma in un messaggio di incoraggiamento per tutti coloro che vivono situazioni analoghe alle vostre, e diventa un invito a impegnare tutte le energie per fare cose belle insieme. Superando le barriere che possiamo incontrare intorno a noi, e prima di tutto quelle che ci sono dentro di noi».
Leggiamole bene, queste parole: e teniamole a mente perché verranno buone ogni volta che toccherà rispondere per le rime a chi si ostinerà a trattare la diversità come un ostacolo.
E teniamoci stretto quest’uomo grande, al di là del credo di ognuno di noi: la bellezza non ha confini, la semplicità non ha colori,l’emozione non ha religione. San Francesco, finalmente, è di tutti.
Francesco Caielli
Tratto da La Provincia di Varese