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Ogni individuo sia valorizzato in quanto persona e non per quello che produce

martedì 1 maggio 2012

Quando il lavoro è riabilitazione


sostenuta dalla Comunità di sant’Egidio

La Trattoria degli amici di Roma è un’importante occasione di formazione per persone con disabilità intellettiva e relazionale.

MILANO - Sono i 12 commis di cucina e di sala della cooperativa Pulcinella che lavorano alla Trattoria de Gli amici di Roma (foto di gruppo di Emiliano Lembo), entrambe realtà sostenute dalla Comunità di sant’Egidio. Nata nel 1991, la Trattoria è un’importante occasione di formazione e di lavoro per persone con disabilità intellettiva e relazionale. «Nel corso di questi anni avremo formato una trentina di persone. Alcuni ragazzi sono rimasti a lavorare da noi, altri invece sono passati alla concorrenza. E che concorrenza: Troiani, Roscioli, solo per fare due nomi. Questo perché sono lavoratori a pieno titolo», racconta Giuseppe Di Pompeo, responsabile della Trattoria.
INABILE AL LAVORO - Diceva il certificato medico: una porta chiusa verso il mondo. Maurizio Valentini l’ha voluta aprire e oggi è il sommelier della Trattoria. «Erano gli anni '90, pochi pensavano che un disabile intellettivo potesse lavorare. A partire dalle stesse famiglie, che non immaginavano che loro figlio potesse, anziché ricevere una pensione, guadagnarsi uno stipendio. Abbiamo lottato tanto perché Maurizio non fosse più “classificato” a quel modo e così è diventato uno dei nostri primi collaboratori e oggi è un sommelier ricercato per le sue competenze. Astemio al 100%, Maurizio conosce tutto dei vini e ha imparato gusti e abbinamenti grazie a una meticolosa mappatura dei riscontri dei clienti. Chi conosce le sue abilità, lo richiede espressamente al tavolo».
PRENDERE IN MANO LA PROPRIA VITA - È accaduto a Angela Massa, che in trattoria fa la cameriera. «Angela arriva da una famiglia problematica: una mamma molto anziana, una sorella anche lei disabile, in un ambiente di povertà ed emarginazione. Angela grazie al lavoro ha potuto sposarsi e insieme al marito, anche lui disabile e anche lui lavoratore – fa il bidello - affittare una casa, condurre una vita normale. Dimostrando autonomia, voglia di riscatto».
LAVORO COME TERAPIA - «È l’obiettivo che di volta in volta condividiamo con l’Asl che ha in cura persone con grave invalidità e che non hanno mai provato cosa significhi lavorare. Non sempre diventano dei lavoratori. Ma se c’è uno spiraglio, ci sono molte speranze. Il lavoro è riabilitazione. Nei casi in cui si riesce, la persona si trasforma. È necessario, però, che il percorso sia una vera e propria attività lavorativa, pur commisurata al singolo caso».
INDISPENSABILI - «Senza questi ragazzi non potrei aprire la trattoria che ha 60 coperti nelle sale interne e 30 all’aperto, in una delle più belle piazzette di Trastevere, a pranzo e a cena. I ragazzi sono veri e propri lavoratori, su turni, con un preciso compito e ciascuno ci mette tutto stesso per farlo al meglio. Sono fedeli e affidabili, ci tengono talmente tanto al loro lavoro che fanno pochissime assenze. E creano un bel clima con gli altri colleghi normodotati».
NESSUNA SOLIDARIETÀ - «I clienti sono soddisfatti della nostra cucina e del servizio. A volte non si accorgono nemmeno che fra il personale ci sono i ragazzi della cooperativa. Quest’anno a Vinitaly abbiamo servito 900 persone che hanno visitato il nostro stand-ristorante. Un riconoscimento prima di tutto della professionalità. Quando clienti e operatori conoscono la nostra storia, allora ci dicono anche che facciamo una bella cosa».
IL RITORNO A CASA - «I ragazzi hanno un problema che non siamo ancora riusciti a risolvere. Camerieri e personale di cucina sono costretti a lasciare le loro mansioni quando ancora c’è gente ai tavoli. Per tornare a casa usano i mezzi pubblici, e sull’esperienza, è meglio che non prendano l’ultimo metrò o bus. Si sono verificati, infatti, alcuni episodi di bullismo. Ci stanno aiutando i tassisti, ma vorremmo avere un servizio diverso».

Carmen Morrone

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