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Ogni individuo sia valorizzato in quanto persona e non per quello che produce

mercoledì 29 agosto 2012

Quegli eroi così normali.

E’ arrivato il gran giorno delle Paralimpiadi di Londra 2012. Questa sera le parole lasceranno il posto alle gare… agli uomini e alle donne. Ma già si parla di una manifestazione di successo con oltre 2,2 milioni di biglietti venduti (e sottolineo venduti non regalati da sponsor e società). I giornali in questi giorni si sono rincorsi nel raccontare le vite, intense, di quei 4280 atleti, di cui 97 italiani. Il risultato? Si parla di disabilità in una maniera sana. Persino al bar! Com è stato buffo questa mattina, mentre prendevo il caffè, sentire due estranei parlare di paralimpiadi. E com è stato strano leggere degli atleti con disabilità paragonati all’eroe inabile del Filottete di Sofocle.
Eroi feriti che cadono e si rialzano. «Forse l’eco di questa anomala tragedia di Sofocle risuona in noi», scrive Antonio Pascale, «che, vedendo dagli spalti giovani atleti così feriti che si rialzano e combattono, pensiamo alle nostre ferite. E credo che sì, potremmo sviluppare un sentimento di empatia, più vasto e più nobile». Già eroi. Penso a Beatrice Vio, futuro della scherma e dell’atletica paralimpiaca, ad Alex Zanardi, il pilota che continua a correre sull’handbike dopo aver perso entrambi gli arti inferiori in un incidente automobilistico, rifletto su Oscar de Pellegrin, l’arciere portabandiera. Ripenso alle loro storie personali, a quali drammi hanno dovuto affrontare. Guardate il sorriso di Beatrice Vio, di quella ragazza priva dei quattro arti per colpa di una meningite che l’ha colpita a tre anni, e che ora tira di scherma con un’abilità invidiabile da chi abile lo è per destino.
Eroi? Forse no. Persone vincenti sì. Loro hanno vinto ancor prima di gareggiare. Loro hanno vinto una battaglia contro il destino e il fato avverso, contro se stessi, contro le malattie. Loro sono caduti e si sono rialzati. E forse non è un caso che l’attenzione del pubblico arrivi proprio in un momento in cui la crisi economica fiacca le sicurezze della società. Alla curiosità morbosa si è sostituito un interessamento sano, uno sguardo che va oltre la disabilità e arriva alla persona.
«Sono lontani i tempi dei moncherini sgradevoli alla vista, che suscitavano ribrezzo e compassione generica» scrive ancora Pascale proseguendo nel suo paragone tra le protesi e l’arco magico di Filottete. «Le protesi sembrano proprio degli archi magici, design e tecnologia d’avanguardia e credo, pur in questo caso, ci addolciscono lo sguardo verso l’handicap». E ci avvicinano a una manifestazione che, come dice Luca Pancalli, ex atleta paralimpico e attuale presidente del comitato italiano paralimpico (cip), «Mostra l’abilità, non la disabilità». Non resta che augurarvi buona visione

Tratto da corrieredellasera.it/Invisibili
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