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Ogni individuo sia valorizzato in quanto persona e non per quello che produce

martedì 18 settembre 2012

Non "tagliate" il mio educatore


Tratto da www.corriere.it

LA LETTERA DI FRANCESCO, 17 ANNI, DISABILE

Non «tagliate» il mio educatore

«A scuola senza di lui sarò di nuovo quello che ero: un ragazzo che non può far niente e che nessuno ascolta»

La denuncia era arrivata nei giorni scorsi dai presidi delle scuole milanesi: tagliata l'assistenza ai disabili, ridotte le ore degli educatori fino al sessanta per cento. Francesco, studente con disabilità di diciassette anni dell'Istituto tecnico Albe Steiner ha scritto al Corriere dopo aver saputo che il suo educatore non riavrà lo stesso incarico. Il Comune intanto ha spiegato: «Il budget non è stato tagliato ma il servizio è stato riorganizzato e i costi sono saliti. Recupereremo altre risorse».
Caro direttore, sono un ragazzo con disabilità, ho 17 anni e so che lottare è la regola numero uno, se vuoi sopravvivere. Per questo vi scrivo. L'anno scorso i miei genitori sono ricorsi in tribunale contro il ministero dell'Istruzione e, vincendo la causa, hanno ottenuto il ripristino delle ore di sostegno cui avevo diritto. Ma... la tregua è stata breve. Quest'anno, quando è iniziata la scuola, ero in ospedale. Però le notizie mi hanno raggiunto ugualmente. Tutti i ragazzi con disabilità di Milano si sono ritrovati con la metà delle ore di educatore stanziate l'anno scorso. E il «mio» educatore, Michele, un educatore che per me era diventato un fratello maggiore, un ragazzo che mi ha sempre difeso, che sapeva prendere in giro me e i miei compagni facendomi parlare con loro, non verrà più a scuola.

Lui, che considerava un «privilegio» poter lavorare con me (così mi diceva!), proprio lui, quest'anno è rimasto senza lavoro. E nessuno si è preoccupato di spiegargli perché. So che martedì (oggi, ndr) il sindaco parlerà con i rappresentanti di chi ha delle disabilità e si cercherà un accordo. Ma non sono tranquillo. Anzi, sono quasi certo che la conclusione sarà sempre la solita: si parlerà di «emergenza», invece di dirmi «ingiustizia». Ho parlato con Michele che ha cercato di rassicurarmi: «Non te preoccupe, Fra'... che ce ne frega...? Noi restiamo amici. Le leggi non c'entrano con noi». Ho parlato con la mamma che mi ha detto, come se fosse tutto normale: «Non preoccuparti, è un periodo difficile, ma tutto si sistemerà...». Ho letto sul giornale che il Comune risponde dicendo: «Non preoccupatevi, i fondi stanziati sono sempre quelli...». E allora...??? Perché mi preoccupo...?????? Ecco perché mi preoccupo: perché a scuola ci vado io, non loro; e a scuola, senza Michele, tornerò ad essere quello che sono senza di lui: un ragazzo che non può fare niente da solo e che nessuno ascolta. Ma io, ancora, non voglio stare zitto. Perché ancora nessuno è riuscito a togliermi il diritto ad essere arrabbiato!
Francesco Gallone
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L'educatore, l'amico...il fratello maggiore


di Simone Fanti

Francesco Gallone, 17 anni, studente all’Istituto tecnico Albe Steiner(avrete già letto la sua lettera accorata pubblicata dal Corriere della Sera in prima pagina) è un ragazzo con disabilità che come tanti suoi coetanei si appresta a tornare tra i banchi di scuola. Francesco è un ragazzo che, nonostante la disabilità, vuole vivere la sua vita alla pari, vuole integrarsi nella società. Francesco è una delle vittime dei tagli all’assistenza dei disabili: al suo ritorno a scuola non troverà più il suo educatore, Michele, che per tanti mesi l’ha aiutato a vivere con maggiore serenità la sua formazione e crescita (a tutto tondo, non solo quella scolastica). Una scelta dettata, secondo gli amministratori pubblici, dall’emergenza e dai necessari tagli alla spesa scolastica che diventa, parole di Francesco, un’«ingiustizia». Difficile capire il profondo senso di questa parola se non si vive la disabilità. L’educatore per molti è semplicemente l’assistente di sostegno nel percorso scolastico, per molti altri è l’amico – troppo spesso l’unico -, o «un fratello maggiore, un ragazzo che mi ha sempre difeso, che sapeva prendere in giro me e i miei compagni facendomi parlare con loro», scrive Francesco.
Non so se vi sia mai capitato nella vita, e mi auguro per voi che non sia mai successo, di non potervi muovere, di essere impediti da un piccolo o grande problema, di aver avuto bisogno di una mano amica per vivere. A me sì. Dopo l’incidente motociclistico, nell’immobilità della mia condizione, ho dovuto chiedere l’aiuto di chi mi circondava anche per le più banali impellenze. Dopo i primi momenti in cui tutti ti sono accanto l’attenzione scema e rimani solo, gli amici ti vengono a far visita sempre più di rado, l’amore non sempre riesce a colmare il gap che l’handicap ha creato con la vita e spesso si spegne e si allontana… resti solo. Solo con i tuoi pensieri, le tue paure, i tuoi interrogativi. Ad accompagnarti in questi primi passi ci sono solo i tuoi familiari che spesso devono essere a loro volta aiutati a superare un trauma troppo grande per loro.
Ti senti fragile, indifeso, ti senti perso e senza punti di riferimento. Ripensando a quello che ho vissuto rileggo la lettera di Gallone e ne colgo le sfumature le paure. Chi è quindi Michele per Francesco? Non certo solo quella persona, indispensabile, che lo aiutava ad andare in bagno o negli spostamenti. Michele, l’assistente-educatore, non era solo il braccio, era l’amico che spesso non si ha – perché la società, specie in giovane età rifugge dalla disabilità-, era il fratello maggiore che difende e protegge. Era il mediatore che con un sorriso avvicinava la persona con disabilità al mondo dei compagni. Era la persona di fiducia a cui la famiglia affidava il figlio per il tempo necessario a ricaricare le batterie.
L’educatore Michele era il simbolo concreto dell’inclusione. Parola abusata in mille contesti che qui assume un valore concreto, fisico… come si fa a parlare di integrazione se non se ne capisce il reale valore? Francesco il tuo grido «Tornerò solo» è stato raccolto dal Web che gli farà da eco fino a quando il valore delle persone non prevarrà sul valore del denaro. Noi invisibili facciamo nostro il tuo grido, caro Francesco. E lo rilanciamo perché chi ha reale bisogno non sia mai lasciato solo.
Tratto da www.corriere.it\Invisibili

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