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Ogni individuo sia valorizzato in quanto persona e non per quello che produce

giovedì 21 agosto 2014

Il volontariato ferma in stazione, a Lazzaro si è fermato per InHoltre

Le chiamano stazioni impresenziate. Dimenticate il brusio dei punti informazione e dei fiumi di viaggiatori in movimento. Qui, nei piccoli paesi disseminati sull’Appennino, al cuore delle campagne sarde, sulle coste di Puglia e Calabria, non c’è più nessuno. O quasi. Negli ultimi anni Rete Ferroviaria Italiana ha tagliato il personale, ridotto i costi e centralizzato il controllo delle stazioni più piccole o periferiche. Risultato: i treni, magari, ci si fermano ancora, ma la stazione è un luogo fantasma. Nemmeno un’anima nei magazzini, nelle sale d’attesa, nelle biglietterie, negli uffici e negli appartamenti un tempo occupati dal personale. Oltre 1.443 edifici semi-abbandonati, per un incredibile totale di 238mila metri quadrati di superficie a perdere: l’equivalente, tanto per farsi un’idea, di 80 ipermercati. Che farsene? Le Ferrovie da tempo cercano un buon compromesso: dare, cioè, ad associazioni e privati la possibilità di utilizzare questi spazi (più o meno gratuitamente) in cambio di una riqualificazione degli stessi. L’idea funziona, eccome. Tanto che numerose vecchie stazioni, da Nord a Sud, hanno già ripreso vita, cambiando il volto dei luoghi che le ospitano e in alcuni casi diventando inediti punti di aggregazione sociale e culturale. Tra saloni e corrridoi inutilizzati s’è trovato spazio per ospitare poveri e disabili, per organizzare corsi di italiano per stranieri, per fare musica e ballare, per coordinare i soccorsi durante alluvioni e terremoti, per allestire mostre e biblioteche. Segno che la fantasia del volontariato, quando messa nelle condizioni di esprimersi, può dare tanto. Anche su un manciata di metri quadrati di pavimento al coperto.
Si muove in questo senso il progetto “Volontariato in stazione”, nato dall’accordo tra Ferrovie dello Stato e il Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato (Csvnet), che prevede l’assegnazione dei locali in comodato gratuito ad associazioni del territorio impegnate in progetti innovativi di sviluppo sociale. Ora la palla passa agli enti locali, chiamati a collaborare il più possibile alla riuscita dei progetti. E ai privati, ovviamente, che in alcuni casi hanno già preso contatto con Rfi: le vecchie stazioni possono diventare anche ristoranti, gallerie, negozi. Basta volerlo.

 
Tratto da Avvenire.it

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