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Ogni individuo sia valorizzato in quanto persona e non per quello che produce

mercoledì 6 giugno 2012

Tornare a camminare dopo una paralisi

Riattivato nei topi il collegamento tra cervello e zampe dopo una lesione midollare. Funzionerà anche sull’uomo?

Grégoire Courtine, ricercatore trentasettenne a capo del laboratorio di Spinal cord repairpresso il Swiss Federal Institute of Technology di Losanna ci va con i piedi di piombo. «L’impatto di un simile intervento sull’uomo è difficile da prevedere». Tuttavia, i risultati di uno studio condotto su ratti che il suo gruppo ha appena pubblicato su Science non possono non accendere la speranza di chi, a causa di una lesione spinale, non può muovere la parte inferiore del corpo. «L’obiettivo della nostra ricerca era ripristinare il movimento volontario dopo una seria lesione a carico del midollo spinale», spiega Courtine. Ci sono riusciti. E con gli interessi. «Nello studio siamo stati in grado di raggiungere non solo il movimento volontario ma un controllo adattivo del movimento dopo un danno al midollo spinale che in genere causa una paralisi permanente delle zampe posteriori».I topi, seppur aiutati, in sostanza hanno ripreso a camminare, a «pesare» i movimenti per salire sui gradini, alcuni perfino a correre.
L'INTELLIGENZA DEL MIDOLLO - La storia di questa ricerca comincia più di cinque anni fa all’Università di Zurigo. Ma è a fine 2009 che emergono i primi risultati. In uno studio pubblicato su Nature Neuroscience il gruppo di Courtine mostra che stimolando con un mix di farmaci e impulsi elettrici il midollo spinale di topi di laboratorio che avevano subito un grave trauma che comportava la paralisi, gli animali riprendevano a muovere le zampe e a camminare. Ma ciò avveniva involontariamente, come risposta automatica a un tapis roulant che scorreva sotto di loro. È nata dall’osservazione di questo fenomeno l’ipotesi che, almeno nei topi, il midollo spinale avesse una qualche forma di «intelligenza»: non ha bisogno del contributo del cervello per elaborare alcuni semplici pacchetti di informazione e restituire il giusto stimolo ai muscoli per produrre il movimento. Il problema tuttavia rimaneva il collegamento con il cervello: è da lì che parte l’impulso per muoversi volontariamente. E nella ricerca precedente non c’è stato modo di collegarlo con la parte del midollo spinale a valle della lesione. È questo ostacolo che hanno cercato di superare negli ultimi anni i ricercatori.
FARMACI, ELETTRICITA' E ALLENAMENTO - Benché il tessuto nervoso - sia il cervello sia il midollo spinale - abbiano la capacità di recuperare da lesioni (è quella che viene definita plasticità e consiste in una riorganizzazione delle fibre nervose), ciò avviene soltanto in caso di danni lievi. Se la lesione è troppo severa, come nei casi in cui produce la paralisi degli arti inferiori, il recupero è ritenuto pressoché impossibile. Almeno finora. I ricercatori hanno infatti dimostrato che risvegliandone la plasticità, il sistema nervoso è in grado di riorganizzare almeno una parte dei collegamenti delle fibre nervose che dal cervello portano l’informazione al midollo spinale e indurre un recupero delle funzioni motorie. Per farlo, i ricercatori hanno affinato le tecniche del precedente studio e apportato dei cambiamenti agli strumenti utilizzati, convinti che un ruolo importante in questo processo di recupero è rappresentato dall’allenamento. Dunque, da una parte, «per trasformare i circuiti da dormienti a un alto stato funzionale abbiamo somministrato un cocktail di agenti farmacologici e applicato una stimolazione elettrica sulla parte esterna del midollo spinale», spiega Courtin. Ma questo avrebbe consentito di ottenere soltanto i movimenti involontari delle gambe in risposta a uno stimolo esterno, come nel precedente esperimento. Per stimolare la capacità di muovere volontariamente i passi è stato fondamentale l’utilizzo di un robot, una sorta di imbracatura su cui il topo era sospeso e che aveva lo scopo di sostenerlo e tirarlo su qualora avesse perso l’equilibrio. Il resto lo ha fatto un po’ di cioccolato: lo stimolo per motivare i topini a camminare sulla piattaforma allestita dai ricercatori. Dopo due settimane di allenamento i topi hanno cominciato a muovere i primi passi. «Prima uno, due passi, poi distanze sempre più lunghe e, alla fine, una parte di ratti era addirittura in grado di correre», racconta il ricercatore.
NUOVI COLLEGAMENTI - A rendere possibile il recupero è stata la plasticità del cervello, in grado di costruire nuove connessioni che hanno aggirato l’ostacolo rappresentato dalla lesione. Abbiamo registrato «un aumento di quattro volte del numero di fibre nervose tra il cervello e il midollo spinale», ha commentato una delle autrici dello studio, Janine Heutschi. «Una ricrescita che prova lo straordinario potenziale della neuroplasticità anche dopo un serio danno al sistema nervoso centrale».
LA SPERANZA - La domanda che ora tutti si fanno è se e quando gli straordinari risultati ottenuti sul modello animale saranno riprodotti nell’uomo. «Stiamo facendo grandi sforzi per raggiungere un’applicazione clinica nel prossimo futuro», dice Courtin. A oggi, però, non ci sono prove scientifiche che sia possibile ottenere nell’uomo un recupero analogo a quello osservato sui ratti. Si sta lavorando di gran lena per produrle. A Zurigo, il gruppo di Courtine prevede di avviare entro un paio d’anni una sperimentazione di fase due per valutare l’efficacia di questo approccio sull’uomo. Intanto, partecipa al progetto europeo NeuWalk, a cui prende parte anche la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa: l’obiettivo è di far confluire in un unico incubatore le più promettenti ricerche compiute negli ultimi anni per mettere a punto un impianto neuroprotesico di nuova concezione. Il progetto, avviato a metà 2010 nell’ambito del Settimo Programma Quadro dell’Unione Europea, è soltanto ai primi passi. Ma ciò che ci si aspetta è che entro i prossimi tre anni possa portare alla verifica sull’uomo di nuove forme di trattamento contro la paralisi.
Antonino Michienzi
Tratto dal blog Invisibili corriere della sera

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