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Ogni individuo sia valorizzato in quanto persona e non per quello che produce

domenica 16 marzo 2014

Ribaltare la "disgrazia": così mia figlia disabile mi ha insegnato la felicità

Antonia Chiara Scardicchio è la mamma di Serena, bambina con grave ritardo mentale: "Lei non ha nessuna possibilità di riscatto. Però è felice. E io ho imparato da lei. Un bimbo disabile non è solo portatore di limiti, ma di valori". La sua esperienza in "Madri. Voglio vederti danzare"
copertina del libro
RIMINI - "Io la chiamo ‘arte della lamentazione': è la postura di chi rimane fermo davanti ai problemi. Immobile, non fa altro che piangersi addosso. Poi c'è l'‘arte della benedizione': è la forza di chi, davanti a una disgrazia, la ribalta a proprio favore. Io sono passata dalla prima alla seconda grazie a Serena". Serena è una bambina di 10 anni con un ritardo mentale grave con tratti autistici. A parlare è la mamma, Antonia Chiara Scardicchio, 39enne barese, docente al Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università di Foggia e autrice del libro "Madri. Voglio vederti danzare", edito da Agenzia Nfc. "Nella vita ho incontrato quelle che ho ribattezzato ‘madri addolorate', ma anche tante ‘madri maestre di danza', quelle che hanno capito che ai figli bisogna insegnare, ostinatamente e nonostante tutto, a essere felici".
Il libro non si rivolge solo alle madri di figli disabili, ma a tutti, uomini e donne, madri e padri, con figli in salute o malati, perché possano comprendere come gioire delle piccole cose della vita, come non si debba arrivare per forza a perdere tutto per capire quanto, invece, avessimo sin dall'inizio. Perché un bambino disabile non è solo portatore di limiti, ma anche di risorse: "Serena non ha niente, non sa leggere né scrivere, non ha nessuna proprietà di linguaggio. Io vivo di libri, studio libri, mangio libri, respiro parole: vissi i primi momenti come una disgrazia. Ma poi vidi la sua felicità, felicità per tutto quello che la circonda, felicità per essere viva. Ho imparato da lei e posso assicurare che, senza di lei, non sarei felice come lo sono ora. Qualcuno potrebbe obiettare che tutto ciò non ha senso, che io vivo dentro un'illusione, che io dico tutto ciò per autoconvincermi. A loro rispondo citando Jerome Bruner: ‘la vita è come te la racconti'. La felicità dipende da come leggi le circostanze". Ma attenzione: non si tratta di abbracciare la filosofia new age: "Perché le disgrazie esistono, inutile negarlo. Ma le ferite si possono trasformare in feritoie, come scriveva Aldo Carotenuto".
"Madri. Voglio vederti danzare" è curato da Antonella Chiadini con le illustrazioni di Patrizia Casadei e un appendice di immagini della scultrice Angela Micheli. È stato realizzato con il contributo della Fondazione San Giuseppe per l'aiuto materno e infantile onlus di Rimini, che ha rinunciato ai proventi per destinare tutto il ricavato alla scuola di Serena: "Serena, disabile al 100 per cento, frequenta una scuola paritaria. Quest'anno, per i tagli alla spesa pubblica, non ha ricevuto il contributo ministeriale per l'insegnane di sostegno per mia figlia, sebbene sia un suo diritto costituzionale: così, è intervenuta la Fondazione".
Già, le istituzioni: "Le istituzioni sono il vero handicap, contribuiscono a moltiplicare i disagi. Tutti i genitori di figli disabili dicono che il nostro è un vero e proprio lavoro: code, burocrazia, troppi passaggi. I diritti dei disabili restano solo sulla carta: nella realtà non esistono". Così, i genitori sono chiamati a rimboccarsi le maniche: "I servizi sociali non arrivano, al contrario di quanto accade nel resto d'Europa: perché un bambino disabile in Francia ha una vita completamente diversa da un piccolo disabile in Italia? Conosco un sacco di genitori che, potendoselo permettere, hanno abbandonato il nostro Paese e sono espatriati. Nel resto dell'Europa, le famiglie con un figlio disabile, vengono realmente adottate dallo Stato". Nel caso di Antonia Chiara, nucleo mono-genitoriale, la situazione è paradossalmente all'opposto: la pensione di invalidità, poco meno di 500 euro, non basta: "Mi dicono: se i soldi sono un problema, perché non iscrivi Serena a una scuola pubblica? Perché Serena non è un pacchetto: nella sua classe ha trovato una famiglia, e io non voglio sradicarla. Sarò io a fare tutti i sacrifici possibili pur di farla stare bene". Il problema, secondo Antonia Chiara, è l'assoluta mancanza di progettazione di una politica sociale: i politici incaricati hanno poca competenza in materia, e spesso non si prendono nemmeno la briga di ascoltare i veri protagonisti dei problemi che sono chiamati a risolvere: "La mia forza sono state le persone, ho tante amiche. Certe volte penso: c'è così tanta gente che va in Africa a fare del bene. Ma il prossimo è dietro l'angolo. Certe volte non posso uscire a comprare il latte o ritagliarmi il tempo per lavarmi i capelli. Non parlo di chissà che, non chiedo una persona che lavi mia figlia, piuttosto che la porti a fare una passeggiata, nulla di più. In Italia, purtroppo, tutte le persone malate sono sostenute dalla famiglia".
Inevitabilmente, si finisce con il pensare al dopo, a quello che i genitori di figli disabili chiamano ‘il dopo di noi': "Noi viviamo a Bari, una grande città. Ma, adesso che Serena finirà la scuola, non c'è nulla per lei. Ci sono solo i centri di igiene mentale, dove i malati di mente vivono con i ritardati; tanti problemi tra loro diversissimi tutti insieme, confusi per tipologia, età... Secondo le statistiche, i casi di autismo si stanno moltiplicando: prima o poi la politica sarà costretta a prendere in mano la situazione. Ma ci domandiamo quando accadrà".
(Ambra Notari)
Tratto da SuperAbile INAIL

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