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Ogni individuo sia valorizzato in quanto persona e non per quello che produce

mercoledì 31 ottobre 2012

Invalidità, l'ultima vergogna.


Una recente manifestazione nel Veneto
Di Franco Bomprezzi
Oggi sono di nuovo in piazza Monte Citorio. Le persone con disabilità, le loro associazioni, assieme a tutto il mondo del volontariato e del terzo settore. Una mobilitazione preceduta da tante iniziative dettate dall’angoscia, come lo sciopero della fame di decine di persone in stato di gravità, sospeso solo dopo la promessa di un incontro e di un rifinanziamento del fondo per la non autosufficienza, che peraltro ancora non è sicuro, fino a quando la legge di stabilità non uscirà approvata dai due rami del Parlamento. Un presidio anche a Milano, in una giornata fredda e umida, quando la saggezza e il buon senso consiglierebbero a tante persone la cui salute è sicuramente a rischio un comportamento prudente. Io, ad esempio, appena uscito dalla prima bronchite di stagione, ho dato forfait e mi sento quasi in colpa. Ma cerco di farmi perdonare scrivendo qui, su InVisibili, di una nuova vergogna, forse sventata, che stava per abbattersi su tutte le famiglie nelle quali vive una persona con disabilità certificata nel passato o ancora in attesa di certificazione.
La Commissione Affari Sociali della Camera sta infatti esaminando un testo di fondamentale importanza, del quale l’opinione pubblica, come sempre accade per le questioni più delicate e meno “spettacolari”, è totalmente tenuta all’oscuro. Stiamo parlando delle nuove “tabelle indicative delle percentuali di invalidità per le menomazioni e le malattie invalidanti”. Nuove, ma vecchissime per cultura e concezione politica che le ha prodotte. Un lavoro lungo e oserei dire terrificante, portato avanti con spregiudicata baldanza da chi, ormai da tempo, lavorando in funzione degli interessi dichiarati del Ministero dell’Economia e dell’Inps, braccio operativo di queste operazioni, vuole riformare l’intera modalità di accertamento dell’invalidità civile, non in funzione del diritto alla salute e ai migliori servizi per i cittadini, ma puntando al bersaglio grosso del taglio della spesa sociale, attraverso criteri spesso vessatori, interpretazioni prive di sostegno scientifico, sistematica ignoranza di quanto ha prodotto in questi anni la cultura medica, scientifica e sociale, a livello di Organizzazione Mondiale della Sanità e persino di Onu, attraverso la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, che è legge dello Stato italiano.
Lo scopriamo adesso grazie a una vera e propria incursione della Fish, la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, che magari non si dedica a clamorose iniziative finalizzate all’audience dei telegiornali, ma lavora da sempre con competenza e tenacia, marcando da vicino i legislatori di turno, e riuscendo, in questo caso, a essere convocata, con i propri rappresentanti, per una audizione in Commissione Affari Sociali. Sul tavolo dei parlamentari, che immagino attoniti e imbarazzati, in quattordici cartelle fitte di argomenti e di citazioni corrette, la Fish ha smontato il mastodontico lavoro prospettato come grande riforma dal ministro della Salute, di concerto con il ministro del Lavoro e con il ministro dell’Economia. Se andate a consultare il sito della Fish, all’indirizzo www.fishonlus.it, potete accedere direttamente a entrambi i documenti, quello del Governo e lecontrodeduzioni delle associazioni. E’ una lettura difficile ma importante, perché tocca le vite di oltre due milioni e mezzo di italiani, che vivono la disabilità in situazioni diverse, con prospettive di vita differenti, con bisogni e diritti tutti da conquistare, giorno per giorno.
Il risultato di questa audizione la dice lunga: parlamentari di tutti i gruppi della maggioranza (Pd, Pdl e Udc) hanno sostanzialmente convenuto che forse è meglio ripensarci, e addirittura ritirare il testo del decreto. Insomma, buttarlo via e ricominciare da capo. Perché? In pratica il testo utilizza scale di valutazione dell’invalidità basate soprattutto sul concetto di “incapacità lavorativa”, ovviamente basata su un lavoro che non c’è più, quello del secolo scorso. Non solo, i grandi esperti di ben tre ministeri (ma quanto li paghiamo per produrre queste miserie culturali?) riducono la valutazione dei requisiti per la famosa indennità di accompagnamento alle capacità di autonomia nel proprio ambiente domestico! Sostenendo che valutare anche l’autonomia “in esterni” sarebbe troppo complesso e non valutabile. Ma a che cosa sono serviti anni di leggi, di convegni, di cultura dell’inclusione sociale delle persone disabili, persino di lavoro sulla definizione stessa di “disabilità”, che appunto è un concetto in continua evoluzione e si basa sul rapporto tra una menomazione e l’ambiente, le barriere, le fonti di discriminazione?
Se questo è il lavoro dei “tecnici” forse si comprende meglio quanto bisogno ci sia di un ritorno alla politica competente, all’attenzione ai cittadini, alle loro esperienze, alla loro cultura. Se davvero il ministro Balduzzi, come gli verrà chiesto sia dalle forze parlamentari che dalla Fish, ritirerà il decreto, dimostrerà quanto meno una onestà intellettuale e umana che tutti gli riconoscono. Ma sarà anche la conferma che si sono persi tempo e denaro senza affrontare seriamente un problema reale, non puntando solo a far cassa, ma cercando di rendere moderno ed equo un sistema di certificazione vecchio, burocratico, ipertrofico, costoso e di fatto inefficace e ingiusto.

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